15/09/05
STATI GENERALI/Il contributo di Senza Bavaglio
Si sono svolti giovedì 15 settembre 2005, a Roma, gli Stati Generali
dell'Informazione. Erano presenti circa 400 colleghi dirigenti della Fnsi,
dell'Inpgi, della Casagit, dell'Ordine e rappresentanti delle Commissioni
contratto e dei Cdr. Il dibattito è stato partecipato e serrato. Dopo la
relazione del Segretario della Federazione, Paolo Serventi Longhi
hanno
parlato una quarantina di colleghi. Per Senza Bavaglio sono intervenuti
Massimo Alberizzi, Giorgia Cardini, Zenone Sovilla, Simona Fossati e Pino
Nicotri.
Massimo Alberizzi (consigliere nazionale Fnsi, Corriere della Sera) ha
presentato il documento elaborato da Senza Bavaglio sulla Rai, patrimonio
non solo dei giornalisti della Rai ma di tutto il Paese. "Chiariamo che oggi
la Rai non è un servizio pubblico. E' invece al servizio di interessi
privati, con i soldi pubblici. Una beffa", ha detto. Il documento
chiede
la costituzione di una "commissione di saggi docenti universitari, giornalisti
esperti di televisione e altre figure super partes, affinché mettano a punto
una riforma complessiva del
sistema radiotelevisivo italiano da proporre alle
forze politiche prima delle prossime elezioni". Subito dopo, Roberto Natale
(segretario Usigrai)si è detto favorevole alla mozione, che ha immediatamente
sottoscritto.
E' poi intervenuta Giorgia Cardini (Cdr de l'Adige) presentando una mozione
riguardante
la messa a punto di nuove forme di sciopero per arrecare il maggior danno
possibile agli editori, senza danneggiare colleghi poco garantiti, partendo
dalla considerazione che gli editori italiani hanno già messo nel conto del
rinnovo contrattuale un certo numero di giorni di sciopero sparsi, che
impediscono oggi l'uscita di un quotidiano, ma non il recupero della
pubblicità sui numeri subito precedenti o successivi. Non ha poi senso
indebolire ulteriormente testate già traballanti sancendo, attraverso lo
stato di agitazione permanente, il blocco di nuove iniziative editoriali
che, in qualche caso, possono portare ossigeno o posti di lavoro.
Così come non ne ha continuare a far scioperare nel modo tradizionale i
giornalisti dei mensili, regolarmente in edicola dopo ogni mobilitazione.
Ma, d'altra parte, le arroganti risposte degli editori alla piattaforma
presentata dalla Fnsi, che punta a difendere il ruolo dell'informazione come
strumento di controllo democratico tramite la difesa e l'allargamento dei
diritti contrattuali dei giornalisti, unica garanzia della loro libertà e
indipendenza da tutti i poteri, richiedono risposte fermissime e unitarie da
parte della categoria. Sì dunque allo sciopero, a più giorni di sciopero
consecutivi, ma tenendo conto delle diversissime realtà che compongono il
panorama giornalistico nazionale: quotidiani nazionali, quotidiani locali,
settimanali, mensili, radio, tv, agenzie, internet. Non ci si può più
illudere che uno solo modo di scioperare vada bene per tutte le realtà.
Di qui la presentazione del documento, sottoscritto da molti colleghi di
tante componenti sindacali e recepito come raccomandazione dal segretario
Paolo Serventi Longhi nella sua relazione di chiusura, per la costituzione
in tempi strettissimi di una commissione che studi nuove forme di lotta in
grado di fare davvero paura agli editori.
Zenone Sovilla (consigliere nazionale della Fnsi, l'Adige) ha insistito su
uno dei punti sui quali non transigere "nemmeno di un millimetro", perché si
tratta di uno dei principali nervi scoperti di questo faticoso rinnovo
contrattuale: la tutela della grande massa di colleghi precari, irregolari,
disoccupati, sottopagati, freelance.
"L'espansione a dismisura di questo bacino cui gli editori attingono a basso
costo è un'aberrazione che colpisce innanzitutto un numero enorme di persone
che esercitano l'attività giornalistica in condizioni inaccettabili sia sul
piano economico e normativo sia su quello della dignità professionale.
Credo che noi tutti, contrattualizzati e (per ora) abbastanza garantiti
proviamo un certo imbarazzo di fronte a "colleghi" che vediamo lavorare
spesso come o più di noi ma sappiamo avere le tasche molto più vuote delle
nostre....
Si tratta di un grande bacino di "peones" cui va restituita dignità. Per
loro ma anche per chi oggi è un "garantito". Infatti quella massa di
lavoratori a basso costo sta via via erodendo la sfera dei contrattualizzati
che a sua volta vive un processo di disgregazione con l'aumento delle
distanze al suo interno.
Ricompattare la categoria e restituire un livello minimo di pari dignità a
chiunque svolga questa professione dev'essere la priorità di questa
trattativa con gli editori: è un passaggio critico che richiederà scelte
anche difficili ma necessarie, perché non cedere di un passo oggi sulle
rivendicazioni per il mondo variegato dei "precari" e dintorni significa
contestualmente opporsi al processo di disgregazione e di svuotamento delle
tutele in atto per i "garantiti".
In altre parole, si decide oggi, in particolare nella partita sui "precari",
il futuro stesso del contratto nazionale di lavoro. Bisogna sforzarsi per
consolidare ed estendere questo strumento, pena il rischio che fra dieci o
quindici anni il Cnlg si riduca a una scatola mezza vuota e che siano
passate le logiche imprenditoriali che puntano alla contrattazione
decentrata o addirittura individuale quale principale mediazione fra le
esigenze dei giornalisti e quelle degli editori (che si comportano sempre
più come aziende qualunque, come una qualsiasi multinazionale, ignorando la
rilevanza sociale e democratica dell'informazione e le peculiarità - anche
in termini di tutela dell'autonomia - di chi se ne occupa).
Perciò dobbiamo mettere a fuoco costantemente questa priorità e sollecitare
anche i Cdr ad alzare la guardia e a vigilare affinché questo processo di
imbarbarimento venga denunciato e contrastato tanto più nel momento in cui
il sindacato lo pone al centro della trattativa per il rinnovo
contrattuale".
Sovilla ha anche illustrato all'assemblea un appello di Senza Bavaglio
affinché venga posto fine a uno scandalo: la totale "cancellazione" della
vicenda di due coraggiosi colleghi, Graziella De Palo e Italo Toni,
misteriosamente scomparsi in Libano nel settembre di 25 anni fa durante una
missione di lavoro. Una vicenda nella quale ebbero un ruolo poco chiaro le
autorità italiane e sulla quale è calato - a livello politico,
istituzionale, giudiziario e informativo - un omertoso e inaccettabile
silenzio. L'assemblea ha poi accolto il documento, che impegna la Fnsi a
procedere con iniziative atte a ottenere la riapertura del caso, anche sul
piano giudiziario, a cominciare dalla richiesta di rimozione del segreto di
stato rimozione del segreto di Stato .
Simona Fossati ha denunciato la degenerazione del mercato del lavoro
autonomo, dove i giornalisti freelance sono ogni giorno più sfruttati,
sottopagati, ricattati, ricattabili e indifesi. "Parte della colpa - ha
detto - è anche dei referenti dei freelance, i giornalisti
contrattualizzati: non applicano ricompense degne di professionisti; se
occorre una riduzione dei costi di testata, si comincia dalla riduzione
d'ufficio dei compensi dei freelance; non viene rispettato il decreto
legislativo 231, quello che prevede i pagamenti delle prestazioni di lavoro
autonomo entro trenta giorni dalla prestazione stessa. Fioriscono varianti
al ribasso dei contratti di CoCoCo, all'insegna del mobbing e dello
sfruttamento".
Simona ha incitato l'assemblea dei contrattualizzati a rispettare e
valorizzare il contributo dei freelance e i Cdr a vigilare e a informare
anche tutti i collaboratori dell'andamento della vertenza contrattuale e
della lotta sindacale. "Solo una lotta comune tra le due facce del
giornalismo - ha concluso - gli uni a sostegno degli altri, potrà farci
vincere".
Pino Nicotri (membro del CdR de L'espresso e congliere generale dell'Inpgi)
ha invitato la Fnsi a fare uno sforzo per collegare la lotta per il rinnovo
del contratto nazionale dei giornalisti a quella più generale dei ceti
salariati colpiti nel potere d'acquisto - cioè impoveriti - e nella
struttura delle qualifiche professionali oltre che nella sicurezza del posto
di lavoro, cioè professionalizzati e sotto ricatto permanente. Nicotri ha
anzi invitato il sindacato a dare a tutti gli altri ceti salariati l'esempio
di un cambio di rotta, opponendosi nel modo più fermo possibile a tutte le
varie figure contrattuali variamente precarie e allo svuotamento del potere
d'acquisto degli stipendi che - dopo l'avvento dell'euro - ha colpito in
Italia chiunque campi solo del proprio lavoro.
Nicotri ha fatto notare come i giornali si stiano riducendo sempre più a una
minoranza di contrattualizzati ben pagati addetti alla macchina, cioè alla
fattura del giornale, a fronte di una enorme maggioranza di esterni,
collaboratori a vario titoli, freelance, ecc., sempre meno pagata, sempre
più ricattabile e massa di manovra per il classico "divide et impera". Ne
consegue il pericolo che il contratto nazionale una volta rinnovato sia
applicabile, anche se ottimo, solo alla minoranza dei contrattualizzati
sempre più proni verso il direttore e l'editore, lasciando fuori dai
benefici l'intero universo degli esterni.
Di qui la necessità di aumentare le garanzie, i diritti e le retribuzioni
degli esterni, in modo da cominciare a porre rimedio alle enormi divisioni
che affliggono e a volte paralizzano la nostra categoria. Nicotri ha fatto
infine rilevare come sia passata quasi sotto silenzio la notizia che -
secondo quanto rivelato da un autorevole collega - al Corriere della Sera ci
sono ben 33 stagisti al lavoro in redazione, e come sia scandaloso che il
CdR del giornale non abbia fatto il suo dovere opponendosi al loro utilizzo
illegale. Poiché è ormai assodato che i CdR non fanno gli interessi dei
collaboratori esterni e spesso neppure dei contrattualizzati interni alle
redazioni, il collega ha fatto notare la necessità che, oltre al divieto di
promozioni per un congruo numero di anni dall'uscita dal CdR, l'Ordine dei
giornalisti sanzioni pesantemente i membri dei CdR troppo disattenti, cioè
complici dell'editore, in fatto di applicazione delle norme e dei divieti
del contratto nazionale di lavoro.
Sono state votate all'unanimità altri sei documenti - due presentati da
Senza Bavaglio e firmate da decine di colleghi - una da Roberto Seghetti ed
altri - per invitare le forze politiche a elaborare una legge di statuto
delle imprese editoriali, una quinta sullo stato di agitazione a Telepace e,
infine, l'ultima per denunciare il grave "clima di insofferenza e di
ostilità che si sta manifestando nel mondo politico contro il giornalismo
libero e indipendente".