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INPGI SCATTI/Abolendoli si sottraggono risorse all'INPGI (di Adriano Provera)

 

Qualcuno vorrebbe rivedere - addirittura abolire - gli
scatti d'anzianità. Nulla di più stupido. Se l'idea non
venisse da persone abituate a valutare bene quello che
scrivono, parrebbe il frutto di una mente disturbata.

Come è possibile essere così egoisti e non capire che, così
facendo, non solo si toglie uno strumento contrattuale
importante ma, allo stesso tempo, si sottraggono risorse
all'Inpgi. Se una simile idea passasse, arrecherebbe un
doppio, inaccettabile, danno.

Gli scatti d'anzianità sono forse l'unico meccanismo
contrattuale che tutela, in modo automatico, i colleghi
deboli. E proprio l'automatismo dell'applicazione li mette
in condizioni di resistere alle profferte di certe parti del
sindacato. Di quel sindacato che, di fatto, garantisce
carriera e soddisfazioni retributive solo agli amici.

Chiederne l'eliminazione significa, nei fatti, non solo la
negazione di ogni nostro sacrosanto dovere alla solidarietà;
ma il rafforzamento della logica di potere in atto negli
ultimi anni. Quella logica che riscopre lo sfruttamento dei
colleghi solo quando serve per avere consensi. Che promette
di fare domani quello che non ha voluto fare ieri.

Inoltre - e non è cosa di poco conto - gli scatti d'anzianità
rappresentano un introito per l'Inpgi.

Pare strano che, proprio in questa fase elettorale, non si
tenga in considerazione questo aspetto. Perché si vuole
indebolire un istituto della categoria? Dovremmo invece
ribadire con fermezza la volontà di difenderlo, anche
contro certi colleghi.

Il problema è che il sindacato, l'Inpgi, la Casagit, per molti
colleghi sono un doppio lavoro, retribuito e fonte di potere.

Forse sarebbe meglio che si proponesse l'abbassamento degli
appannaggi; l'impossibilità di cumulare cariche; l'obbligo di
scegliere, per chi è contrattualizzato, tra lo stipendio e
l'indennità di carica (e, per talune mansioni, l'aspettativa).

Ma questi sono altri discorsi. Che però vanno e andranno fatti.
All'interno o fuori dalla Fnsi.

Adriano Provera
La Stampa

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