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INPGI/Per guardare avanti anche nel sindacato (di Pino Nicotri)

 

Una delle preoccupazioni maggiori di Senza Bavaglio è fare
in modo che l'Inpgi 2 non sia più una sorta di fisco esoso che
molto prende e non si sa né cosa darà né se la darà, e che chi
ha contributi sia in Inpgi 1 che in Inpgi 2 non debba buttarne
dalla finestra.

E' entrato inoltre nel programma un mio vecchio chiodo, una
delle prime cose che proposi appena messo piede in Consiglio
generale: il rilancio di cooperative di giornalisti desiderosi di
farsi una casa, che con gli stipendi in perenne discesa e i
prezzi in perenne ascesa del mercato immobiliare sta diventando
un miraggio per troppi. Del resto è già un miraggio poter
affittare un appartamento a canoni abbordabili anche da parte
di chi non è un privilegiato, non ha cioè stipendi da staff o da
amico del direttore o dell'editore o del protettore politico di
turno.

Ho scoperto per caso che il consiglio d'amministrazione
dell'Inpgi ha di recente deciso di riprendere a finanziare le
cooperative quando per mesi e mesi mi è stato detto che non ne
valeva la pena "perché i giornalisti non amano abitare assieme"
e che "lo statuto dell'Inpgi non permette la creazione di una
nuova commissione, che come tu hai chiesto si occupi di
cooperative".

Questo approvare in silenzio e a fine mandato una cosa che io
ho proposto fin dall'inizio del mio mandato, e che mi è stato
detto e ripetuto che non si può fare, mi insospettisce non poco.
Così come osservando la distribuzione geografica dei 2.512
appartamenti di proprietà dell'Istituto viene da chiedersi con
quali criteri gli appartamenti siano stati man mano comprati.
Non vorrei che l'interessamento dei politici nei decenni passati
per farci avere i rinnovi "facili" dei nostri contratti nazionali
di lavoro sia stato facilitato dall'acquisto, da parte dell'Istituto,
di immobili di proprietà dell'affollato mondo che sempre gita in
Italia attorno a ministri , sottosegretari e relativo parentado.

Per rinnovare l'Ordine della Lombardia ci siamo accordati tempo
fa con Nuova Informazione anziché con S.D. e Q.P. Il fatto
nuovo è che nell'Associazione lombarda dei giornalisti la
conferma di Giovanni Negri alla presidenza ha portato alla
stesura di un programma di attività sindacale piuttosto ambizioso,
ben strutturato.

Non solo i colleghi del direttivo della Lombarda, ma tutti i
volenterosi che hanno idee e voglia di rimboccarsi le maniche per
contribuire a realizzarle, possono partecipare all'attività dei
numerosi Dipartimenti che dovrebbero essere creati apposta
per affrontare i molti aspetti del lavoro giornalistico in
Lombardia.

Si tratta anche di recuperare il tempo perso e i danni arrecati
anche in Lombardia dalle gestione della Fnsi a livello nazionale.
Danni dovuti alla prigionia della Fnsi condizionata dalle 12
regioni le cui associazioni della stampa si sono unite in un
cartello autonominatosi "Per un sindacato di servizio", quasi a
voler dire che invece l'Inpgi è un sindacato di disservizio.

L'attacco al cartello delle 12 regioni, nelle quali lavorano meno
del 20% dei giornalisti italiani, ma che fanno il bello e il
cattivo tempo in quasi tutti i nostri organismi di categoria, deve
avvenire frontalmente.

Ecco perché Senza Bavaglio si è presentato in più regioni alle
elezioni per la Fnsi ed ecco perché si presenta ora con suoi
candidati in Veneto (Gabriele Coltro e Claudio Pasqualetto).

Teniamo presente che il Veneto è la casa di Gabriele Cescutti
ed Enrico Ferri, vale a dire rispettivamente del presidente
uscente, dopo ben 12 anni, dell'Inpgi e del membro della giunta
della Fnsi che punta a diventarne un vicesegretario portando
avanti la linea della rinuncia agli scatti biennali, anticamera di
chissà quale altra rinuncia.

Se la Lombarda lavorerà bene, in quella che è pur sempre la
regione italiana più significativa, per quantità e qualità,
dell'editoria giornalistica e quindi del lavoro di giornalista, si
potrà non dico fare da locomotiva per l'intera Fnsi, ma
sicuramente dare una forte spinta a riqualificare anche la sua
attività sindacale, impantanata assieme all'impantanarsi della
politica, alla quale ha fatto per troppo tempo da sponda.

Troppi contratti nazionali sono stati firmati strizzando
l'occhio a questo o a quel partito, a questo o a quel ministro, a
questo a quel segretario di partito, e viceversa la bassa cucina
politica ha scaricato sull'Inpgi troppi pesi economici.

Un esempio per tutti: la ricostruzione - totalmente a spese
dell'Istituto! - dell'intera carriera di chi era stato sfruttato
una vita nei giornali e giornaletti di partito, di sindacato, di
parrocchia e di parrocchietta... Per non dire dell'usanza di
promuovere redattore capo o vice direttore molti, anzi troppi
tra coloro che dopo una vita in quelle testate e testatine erano
in procinto di andare in pensione, trucco praticato perché
almeno in pensione potessero godere di un mensile più che
decente.

Per carità, è giusto che chi ha lavorato una vita non paghi per la
cialtroneria o l'eccessiva disinvoltura del datore di lavoro. Ma è
meno giusto che tutto ciò sia avvenuto dando l'assalto alle casse
dell'Inpgi anziché, per esempio, a quelle della Fieg.

Ora la festa è finita. L'enorme debito pubblico e la crisi dei
partiti non permettono più molti regali per tutti. Dobbiamo
perciò rimboccarci le maniche. E continuare a rompere le
scatole in tutte le sedi, Inpgi compresa, a chi vorrebbe imporre
normalizzazioni e impoverimenti, retribuzioni e pensioni
comprese, anche al lavoro di giornalista.

Colleghi, non si tratta di corporativismo. E' sempre più chiaro
che il giornalismo e il mondo dell'informazione, la sua libertà e
dignità anche economica, pensione inclusa, sono una non
trascurabile condizione perché la democrazia italiana non si
ammali ancora di più. Fino a esiti imprevedibili.

Pino Nicotri
Senza Bavaglio
Candidato al Consiglio generale dell'Inpgi in Lombardia

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