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01/11/05

CONGRESSO STRAORDINARIO/Referendum
picconato dalla minoranza della maggioranza

di Senza Bavaglio

Sono le piccole associazioni e le minoranze della maggioranza ad essersi opposte al referendum
che invece era voluto da ampi settori della maggioranza stessa e dalle minoranze.
Perché si teme di esercitare la democrazia? Perché su argomenti vitali come il contratto ci si rifiuta
di consultare la base? La risposta a queste e altre domande nella cronaca del Congresso Straordinario
che qui vi presenta Senza Bavaglio.
 

Eh, no, così non va! Il comunicato con cui Autonomia e Solidarietà e Giornalisti Uniti addossano alle
minoranze la responsabilità di aver fatto fallire l’introduzione nello statuto della FNSI dell’istituto del
referendum, non è né corretto né veritiero.  A bocciare tutte le proposte portate in Congresso
(anche quella sostenuta dalla segreteria) è stata la minoranza ultraconservatrice legata alla maggioranza. 

La mozione della maggioranza, è vero, introduceva nello statuto il referendum. Ma non chiariva né il tipo di
referendum, né il momento in cui la consultazione si sarebbe dovuta tenere. Era un testo minimo (e su
questo eravamo tutti d’accordo che avrebbe dovuto essere tale) ma sfuggente e sfumato. Un testo che
lasciava ogni cosa nel vago e nell’incerto e affidava al Consiglio Nazionale il compito di decidere le modalità
del voto: come si sarebbe dovuto tenere, chi avrebbe dovuto convocarlo, con che criteri; quale fosse il corpo
elettorale (tutti i colleghi o solo quelli iscritti al sindacato? E i pensionati?); quando si sarebbe dovuto
organizzare (prima della firma o, come suggerisce chiaramente il loro testo, dopo la firma e quindi dopo
l’entrata in vigore del contratto?).

Ecco il documento proposto dalla maggioranza: “I contratti nazionali di lavoro sono sottoposti a
referendum consultivo secondo le modalità previste dal regolamento”
. Come si vede, questa
formulazione non prevedeva l’obbligatorietà del referendum, giacché il Consiglio Nazionale avrebbe
potuto stabilire condizioni particolari come, per esempio, la richiesta di 5 associazioni locali come vincolo
per tenere la consultazione. Cosa più grave, per noi di Senza Bavaglio, non conteneva il principio secondo
cui è la bozza, l’ipotesi di accordo a dover essere sottoposta a referendum in modo tale da permettere,
in caso di bocciatura, una riapertura delle trattative. Il documento di Puntoeacapo, Stampa Democratica,
Quarto Potere e Movimento Giornalisti Liberi stabiliva un punto fermo chiaro: il referendum viene
organizzato automaticamente, senza sì e senza ma. Sarebbe dunque stato considerato obbligatorio.

Il testo però presentava una grave lacuna: lasciava nel vago il quando si sarebbe dovuto tenere il voto.
Uno dei leader di Stampa Democratica aveva comunque dissipato tutti i dubbi sostenendo con chiarezza
che - secondo la coalizione – la consultazione era da intendersi dopo la firma (e quindi dopo l’entrata in
vigore del contratto). Maria Grazia Molinari, per l’ennesima volta, aveva spiegato come – secondo lei – un
voto prima della firma e quindi quando ancora si può tornare al tavolo delle trattative e riaprire il negoziato
fosse “una pistola puntata alla testa del segretario”.

Questa la formulazione: “I contratti nazionali di lavoro sono sottoposti a referendum consultivo. Le
modalità di svolgimento sono fissate dal regolamento approvato dal consiglio nazionale FNSI”
 Una
posizione – quella sui tempi - che Senza Bavaglio non aveva e non ha accettato. Noi abbiamo proposto
di approvare un testo chiaro e senza equivoci: “Le ipotesi dei contratti nazionali di lavoro sono
sottoposte a referendum. Le modalità di svolgimento della consultazione referendaria sono stabilite
dal regolamento”.
Reso ancora più chiaro da un piccolo emendamento proposto da Corrado Giustiniani,
collega di Puntoeacapo: “Le ipotesi di accordo dei contratti nazionali di lavoro sono sottoposte a
referendum. Le modalità di svolgimento della consultazione referendaria sono stabilite dal
regolamento”.


Insomma noi chiedevamo il referendum di mandato, una consultazione, cioè, prima dell’entrata in vigore del
contratto stesso, rimettendo dunque al voto dei colleghi la possibilità di riaprire i giochi e permettendo al
segretario di riaprire il tavolo delle trattative. 

Il testo proposto dalla segreteria aveva sulla carta la possibilità di raggiungere il quorum di due terzi necessario
a modificare lo statuto. Eppure quel documento, pur così vago e approssimativo, ha indispettito i settori più
conservatori della maggioranza che governa la FNSI, quelli, per intenderci, dei finti progressisti che mal
sopportano l’esercizio della democrazia. Parliamo dei colleghi delle piccole regioni, dalla Liguria al Trentino Alto
Adige, dall’Emilia Romagna al Veneto, spesso gelosi del loro potere. Così la modifica statutaria proposta dalle
liste di Autonomia e Solidarietà e Giornalisti Uniti non è passata. Il Segretario Generale, Paolo Serventi Longhi,
e il Presidente, Franco Siddi, sono stati traditi dai loro stessi amici. Sia Paolo sia Franco si sono comportati da
gentiluomini nei nostri confronti e loro stessi hanno ammesso di non poter fare di più; di dover fare i conti con
quanti – tra di loro – sono contrari a ogni sorta di referendum. 

Ma chi sono questi? Per esempio quelli che non sono venuti del tutto al congresso (e si sapeva in anticipo che la
presidenza avrebbe concesso di sostituire quanti impediti a parteciparvi) o quelli che sono corsi in bagno e nella
hall dell’albergo poco prima del voto.  E poi quel delegato del Trentino Alto Adige – regione fedelissima alla
maggioranza – che si è astenuto (assenza e astensione valgono come voti contrari). E coloro che nella
delegazione di Trieste o si sono astenuti (2) o hanno addirittura votato contro (4). 

Sia il segretario generale sia il presidente non hanno nascosto le loro simpatie per la mozione di Senza Bavaglio.
Alla fine abbiamo anche proposto di adottare il testo della maggioranza (quello senza punto in mezzo e con
l’aggettivo consultivo, per intenderci) purché si parlasse di “ipotesi di accordo di contratto” e non semplicemente
di contratto. Ringraziamo i colleghi Corrado Giustiniani e Fabio Morabito di Puntoeacapo che, al microfono, si
sono espressi a favore del referendum prima della chiusura del contratto. La nostra proposta ha preso 16 voti,
ben otto in più dei colleghi (sette di Milano e uno di Roma) che facevano riferimento alla nostra lista. Ringraziamo
anche i colleghi di Milano – maggioranza e minoranza – che sul documento di Senza Bavaglio si sono astenuti.
Certo, sappiamo che l’astensione vale un voto contro, ma è rilevante che la maggior parte dei colleghi di Nuova
Informazione (così si chiama Autonomia e Solidarietà a Milano), Stampa Democratica, Quarto Potere, Impegno
Sindacale Unitario e Movimento Liberi Giornalisti
abbia compreso che non abbiamo fatto il gioco di nessuno. Non
è forse importante aver messo assieme colleghi spesso così divisi su tante cose? I lombardi sulla nostra
proposta hanno votato: 7 sì (i nostri delegati), soltanto 3 no, e ben 30 astenuti.

Siamo soddisfatti di questo risultato. Attenzione; non ce ne prendiamo il merito. Il merito va invece attribuito ai
colleghi che, accantonando divisioni talvolta incomprensibili, abbandonando schieramenti precostituiti, si sono
astenuti. Il compito di Senza Bavaglio è questo: mettere assieme le forze disposte ad affrancarsi dalle logiche
di corrente e sensibili ai contenuti e non agli schieramenti. E su questa linea (ripetiamo, lotta sui contenuti e
scioglimento degli schieramenti) il gruppo di Senza Bavaglio è disposto a impegnarsi in un confronto per
rimettere insieme il sindacato della Rcs, dilaniato da lotte interne.

Spiace dirlo, ma Roma non ci ha capito. Intruppata a difesa coriacea di una formulazione insulsa, ha votato in
grande misura contro la nostra proposta. Perché? Ci può spiegare per esempio Silvia Garambois, perché è
contraria a votare la bozza di contratto prima che il contratto stesso entri in vigore? Che cos’è che le fa paura in
quest’esercizio di democrazia? E se non vuole spiegarlo a noi perché non lo spiega almeno ai colleghi soci della
Romana? Assieme al collega indipendente, che ha partecipato ai lavori nella delegazione di Senza Bavaglio, altri
4 colleghi del Lazio (tutti di Puntoeacapo) hanno votato a favore. Solo 11 si sono astenuti. Grazie anche a loro.
Ben 25 hanno votato contro. Grazie senza riserve ai 4 torinesi che si sono espressi a favore. Hanno capito che
c’è bisogno di una svolta chiara e netta. Favorevoli alla proposta della segreteria, i delegati di tutte le piccole
associazioni (tranne appunto quelli che non c’erano, quelli che si sono astenuti e quelli che hanno votato contro)
come i calabresi, guidati da Carlo Parisi. Riportiamo, per dovere di cronaca, colto al volo, un loro garbatissimo e
colorito commento su Senza Bavaglio (“Alberizzi la deve smettere di rompere la minchia!”). Chissà come non
hanno mai usato un’espressione del genere contro il loro ex capo, Raffaele Nicolò, colto con le mani nel sacco
all’INPGI.

Questi, cari colleghi, i fatti. Speriamo di non avervi tediato troppo, ma volevamo mostrarvi tutte le facce della
realtà. 

Senza Bavaglio

 

 

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