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07/10/05

Picconato da ogni parte il referendum rischia di naufragare ancor prima di salpare

 

A picconare la proposta di referendum si son dati da fare tutti. Da un lato la maggioranza, che tenta di evitare una consultazione “automatica”, dall’altro le minoranze legate a Stampa Democratica, Quartopotere e Puntoecapo che, se da una parte vogliono un referendum obbligatorio e automatico, dall’altro, assieme alla maggioranza, sostengono che vada organizzato – e solo con valore consultivo - dopo la firma dell’accordo con gli editori e non prima. Una posizione che noi di Senza Bavaglio riteniamo assurda e incomprensibile. La consultazione infatti, per avere un senso logico, deve essere indetta prima della firma definitiva, altrimenti rischia di avere un effetto devastante sul sindacato e sull’intera categoria dei giornalisti.

Che senso ha, infatti, sentire il parere della base dopo che il contratto tra sindacato ed editori non solo è stato firmato ma è pure entrato in vigore? E’ bene poi ricordare ai nostri colleghi che i contratti stipulati da CGIL,CISL e UIL entrano in vigore solo dopo l’approvazione tramite referendum.

Vediamo i tre scenari.

1 - Quello voluto dalla maggioranza, referendum non automatico e non obbligatorio e solo consultivo. I vertici del sindacato trattano con gli editori, arrivano a un accordo, firmano. Si va alla consultazione che boccia l’accordo. Che si fa? Dunque, poiché il referendum è facoltativo, un segretario generale nell’eventualità di trovarsi in un difficile empasse, non acconsentirà mai – e a ragione - a sottoporre il suo accordo a un referendum. Se dovesse concedere la consultazione, perché sotto pressione, e dovesse perdere, immaginatevi la debacle, non solo per lui ma per tutto il sindacato!

2 – Quello voluto dal cartello delle minoranze unite. Referendum obbligatorio ma consultivo dopo la firma. I vertici del sindacato trattano con gli editori, arrivano a un accordo, firmano. Si va alla consultazione che boccia l’accordo. Si salta solo un passaggio rispetto allo scenario precedente ma si arriverebbe ancor più speditamente a una debacle per tutti noi.

3 – Quello voluto da Senza Bavaglio: referendum automatico prima della firma (allora sì che gli si può anche dare un valore consultivo, sarà la segreteria a trarne le conclusioni politiche). Il vertice sindacale si presenta in trattativa sapendo che deve sottoporre la sua bozza a referendum. “Pistola puntata alla testa”, l’ha definita Maria Grazia Molinari, di Stampa Democratica. Rafforzamento della sua posizione diciamo noi, perché anche gli editori sanno che se la loro richiesta è eccessiva, rischia di essere bocciata da un referendum che aumenta la tensione sindacale tra i colleghi e inasprisce la contrattazione.

Noi qui vi raccontiamo cosa è successo alla scorsa e ultima riunione della Commissione Statuto. Ai colleghi che ci seguono, il diritto di farsi un’opinione e di dire la loro.

Riunione a Roma il 4 ottobre della commissione statuto. Presenti per Senza Bavaglio, Massimo Alberizzi, consigliere nazionale della Fnsi, e Fabio Gibellino che, insieme a Giorgia Cardini, ha contribuito a elaborare una bozza di riforma per lo statuto per introdurre l’istituto del referendum.

A seguito delle precedenti riunioni, sul tavolo delle trattative, sono presenti tre proposte di riforma. La prima, “I contratti nazionali di lavoro sono sottoposti a referendum consultivo. Le modalità di svolgimento sono fissate dal regolamento approvato dal Consiglio nazionale Fnsi” firmato da Maria Grazia Molinari, il secondo, “I contratti di lavoro sono sottoposti a referendum consultivo secondo le modalità previste dal reolamento approvato dal C.n.”, redatto, se pur con difficoltà, dalla maggioranza, quindi, il terzo, “Le ipotesi dei contratti nazionali di lavoro sono sottoposte a referendum. Le modalità di svolgimento della consultazione referendaria sono stabilite dal regolamento”, presentato da Senza Bavaglio.

E’ bene precisare che nel corso degli interventi mai sono stati toccati i temi demandati in sede di regolamento, ossia l’individuazione del corpo elettorale, l’introduzione eventuale di un quorum e le modalità di voto. Punti che Senza Bavaglio aveva precedentemente presentato con il documento di Levico Terme (art. 27 bis). La maggioranza richiesta per modificare lo statuto è talmente difficile da raggiungere (due terzi degli aventi diritto al voto e non dei votanti!) che senza un accordo generale tra le parti fallisce tutto. In Consiglio Nazionale, invece, il regolamento può passare a maggioranza semplice.

La proposta di Senza Bavaglio, letta probabilmente solo perché messa agli atti, ha avuto l’onore, una volta tanto, di mettere d’accordo in toto sia maggioranza che “opposizione”. Entrambe le parti hanno infatti velocemente respinto la nostra proposta. Chi, come Maria Graza Molinari, perché ha paragonato il voto sulle “ipotesi dei contratti” a una pistola puntata alla testa del Segretario generale durante la contrattazione con gli editori, chi, come Carlo Parisi, segretario della Calabria e membro di giunta, perché convinto che l’indire referendum sulle ipotesi avrebbe portato all’abuso di uno strumento che noi, invece, consideriamo democratico.

A nulla sono valse le ragioni di Senza Bavaglio, che tuttora considera inutile un referendum consultivo su un contratto già firmato. Abbiamo chiesto di riflettere a cosa potrebbe succedere se un contratto già firmato e in vigore fosse bocciato. Nulla, nessuno ha spiegato, nessuno ci ha dato una risposta. A nostro avviso, un referendum confermativo di un’ipotesi di contratto – come abbiamo sostenuto qui sopra - non solo non sarebbe “una pistola puntata alla testa”, ma, anzi, un’arma in più che rafforzerebbe la posizione del Segretario stesso in sede di trattativa con la Fieg.

I lavori sono dunque proseguiti, molto lentamente, con le accuse di Maria Grazia Molinari e di Silvana Mazzocchi alla maggioranza rea di essere oltremodo rigida sulle proprie posizioni, e con l’invito di Roberto Natale (Usigrai) di non gettare al vento quanto fatto a ventitrè giorni dal congresso. Il nodo della questione, è bene sottolinearlo, è racchiuso nell’interpretazione della parola “secondo” della proposta della maggioranza, che, sostengono le minoranze, renderebbe il referendum non automatico e non obbligatorio.

A rompere gli indugi è stato l’intervento di Carlo Parisi che, dichiarandosi disposto a sottoscrivere (salvo chiarimenti sulle modalità) la proposta della maggioranza, conquistando così i due terzi dei voti necessari per l’approvazione in Congresso della modifica statutaria, ha portato Maria Grazia Molinari, Silvia Mazzocchi, Cinzia Romano, Daniela Stigliano e Pier Luigi Franz a stilare una nuova proposta:

“I contratti nazionali di lavoro sono sottoposti a referendum consultivo. Le modalità di svolgimento sono stabilite dal regolamento approvato dal Consiglio Nazionale della Fnsi”.

Francamente noi non capiamo: se il contratto è già stato firmato una consultazione a posteriori non può essere altro che consultiva. Riteniamo invece che un referendum possa essere consultivo solo se si tiene prima della firma finale, come chiediamo noi di Senza Bavaglio.

Senza Bavaglio

7 ottobre 2005

 

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