SCIOPERO/Le sciocchezze della Padania,
la delusione del Manifesto

 

1/10/05

Tra le sciocchezze che hanno scritto i giornali crumiri usciti il 1° ottobre, due ci
hanno colpito in particolar modo. Eccole: La Padania, sotto un titolo attribuito
a Giorgio Gaber, “Mi fa male che possano scrivere liberamente e indisturbati
tutte le stronzate che vogliono: è questa libertà di stampa che mi fa vomitare “,
accoglie l’editoriale del direttore Gianluigi Paragone che si esibisce in ben due
“stronzate” consecutive. Serventi Longhi viene definito Presidente della
Federazione Nazionale della Stampa, invece è Segretario Generale della FNSI.

Sarebbe poi in carica da oltre 10 anni. Non è vero. Serventi è in carica dal maggio
1996. Quindi rispediamo le “stronzate” al mittente invitandovi a riflettere sul
prestigio e l’autorevolezza di un giornale che ha un direttore così superficiale.
Non siamo poi riusciti a trattenere una sonora risata quando Paragone si lagna
di non aver ricevuto da Serventi neppure un telegramma quando è stato nominato
direttore di un “quotidiano nazionale”. Direttore Paragone lo è davvero e
quotidiano La Padania lo è davvero. E’ su quel “nazionale” che ci siamo sbellicati.

Più che “nazionale”, la Padania è “clandestino”, letto com’è solo da un pugno di
militanti del suo partito. Paragone deve essere stato colto da un attacco di megalomania.
Se non ci fosse una legge che finanzia i giornali di Partito, caro Paragone, la Padania
sarebbe già sparito. E da un pezzo. Il Manifesto nel suo editoriale sostiene che i suoi
giornalisti non hanno scioperato perché sono proprietari del giornale. Nell’articolo però si
omette di dire che lo sciopero del 30 settembre e 1° ottobre era stato proclamato “senza
alcuna deroga”. Ciò vuol dire che questa volta neanche alle cooperative era permesso di
lavorare. E’ grave che questa indicazione non sia stata osservata dai colleghi del Manifesto.

Proprio giovedì Senza Bavaglio aveva chiesto che cosa avrebbe dovuto suggerire a quei
colleghi freelance che sono impegnati nei giornali crumiri. Roberto Natale, segretario
dell’Usigrai, aveva osservato, “a titolo personale”: “Non abbiamo bisogno di eroi.
Dobbiamo difendere i colleghi più deboli e tutelarli dalle eventuali rappresaglie”.
Uguale parere era stato espresso il giorno prima dal presidente della Lombarda,
Giovanni Negri: “Non mi sento di condannare chi, se sciopera, perde il lavoro”.

Franco Siddi e Paolo Serventi Longhi, categoricamente, hanno invece sostenuto che non
si poteva derogare per nessuno, altrimenti si rischiava una reazione a catena che avrebbe
potuto vanificare lo sciopero. Giusta osservazione che però non tiene conto dei ricatti e
delle intimidazioni. Senza Bavaglio sostiene che i freelance devono scioperare ma – a
malincuore - riconosce come fondata la paura di perdere il lavoro, specie se faticosamente
ottenuto. Che fare? Abbiamo lasciato – ovviamente solo per quei colleghi che lavorano in
giornali la cui redazione non ha fatto sciopero – libertà di giudizio e di coscienza.

Abbiamo incontrato colleghi che hanno sofferto stretti tra la necessità di lavorare da un lato
e la lealtà e onestà sindacale dall’altro. C’è chi ha minacciato: “Non voterò mai più Senza
Bavaglio se non dite a tutti, proprio a tutti di scioperare”. Noi abbiamo ribadito ciò che ha
detto Natale: “Guai a quel sindacato che ha bisogno di eroi”. Ma che delusione a vedere in
edicola il Manifesto con quell’editoriale imbarazzato e impacciato che maldestramente tenta
di giustificare l’uscita del giornale e il mancato sciopero dei suoi redattori.

Ci conforta una cosa: non sbagliavamo quando abbiamo suggerito ai colleghi freelance ricattabili
di evitare di suicidarsi. Specie quando sono gli stessi giornalisti che dovrebbero essere tra i più
sindacalizzati – come quelli del Manifesto – a giustificare il loro crumiraggio.

Senza Bavaglio

1° ottobre 2005