[torna alla homepage]

XXV Congresso Nazionale della Stampa Italiana

 

INTERVENTO DI Marilisa Verti

 

Buon giorno a tutti. Sono Marilisa Verti di Senza Bavaglio. Sono freelance e da anni,
mi occupo di questo tema, con Simona Fossati, Luisa Espanet e altri colleghi. Ho
ascoltato e letto con attenzione la relazione del Segretario uscente. Per non ripetere
dei passi che giudico importanti, in parecchi casi rimando direttamente alle pagine in
cui sono contenute, ma ci tengo invece a citare un pezzo del suo discorso su cui
concordo completamente, e che Paolo Serventi Longhi definisce provocatorio:
“C’è crisi se noi vogliamo che vi sia, se accettiamo, in Italia e fuori, di svilire se non
di cancellare la qualità giornalistica dei media e rinunciamo a rappresentare unitariamente
quella costellazione di giornalismi, quei valori della professione che definiscono il nostro
mestiere negli anni della quarta grande rivoluzione tecnologica (…)”. Come dicevo, concordo
con questa affermazione, ma non la prendo come una provocazione, bensì come una necessità.

Le regole del gioco cambiano e sono in mutamento perenne. Non possiamo più inseguire
il futuro: finalmente dopo anni si comincia a capire che i freelance esistono, sono dei
professionisti e lavorano. Anni fa sarebbero stati il futuro, oggi sono una realtà in
espansione e quasi un unico futuro (scusate le ripetizioni) anche per chi attualmente
è contrattualizzato.

Se non ci sono precise regole da subito, il disastro di domani per tutta la categoria sarà
immane.

E la questione dei freelance è un nodo centrale. Lo abbiamo detto migliaia di volte:
aumenta il popolo dei non contrattualizzati senza diritto e senza rispetto e, nello stesso
tempo, diminuiscono gli assunti in redazione; chi va in pensione spesso non è sostituito
e la professione, così come gli stipendi, sono al ribasso.

Dunque c’è qualcosa che non va. E ci vogliono regole.

Nella relazione del segretario uscente, a mio avviso, ci sono 3 punti fondamentali e sui
quali cui è indispensabile misurarsi:

a pag. 10 si parla di legge sulla previdenza e sul lavoro autonomo. Attenzione: Il lavoro
autonomo deve avere delle norme, come quelle che esistono per esempio in Francia, per
cui nella riforma dell’editoria vanno inseriti dei ‘paletti’ chiari e precisi così da tutelare chi
oggi è freelance, ma anche chi domani vorrà e potrà uscire dalle redazioni sicuro di avere
una condizione di vita serena, con assicurazioni, tutele, certezze economiche, ecc. E’
questa la flessibilità reale: Un mercato forte esterno che garantisce chi è dentro e chi
è fuori.

Ma, a proposito di welfare e di pensioni, non capisco perché solo per i co.co.co sia previsto
che gli editori versino i 2/3 di un’ aliquota maggiorata, mentre per chi ha la partita Iva
rimane a versarsi il 10% con solo il 2% a carico degli editori. La partita Iva non è una
scelta, ma spesso una necessità per lavorare, con tutti i costi che comporta. Dunque noi,
quando andremo in pensione dovremo accontentarci di mangiare una mela ogni sei mesi?
(visto l’importo delle pensioni che avremo..).

Lavoro prestato salario adeguato (vedi pag. 13). Ottimo: si romperebbe così una corsa al
ribasso, e sarebbero valutati meglio coloro che svolgono il proprio mestiere in modo
professionale (contrattualizzati o no) eliminando nel contempo quelli che scrivono per
fare/ricevere favori, ottenere viaggi premio, permettere a chi ha il potere di imbrigliare
e controllare il pensiero e il giornalismo.

L’ Organismo di Base per i freelance. E’ L’unica soluzione possibile, perché composto dai
giornalisti che conoscono per esperienza vissuta sulla propria pelle le differenze tra freelance
reali e ’allegri collaboratori’, per usare un eufemismo, ma anche quelle tra i precari, gli
aspiranti contrattualizzati e chi, invece, preferisce lavorare come freelance. Come avviene
per l’Usigrai o per i pensionati, si tratta dunque di un gruppo di esperti al corrente dei problemi
e delle trappole seminate dagli editori.

Alla luce di questi principi basilari non capisco perché si sta rimettendo in discussione
l’Organismo di Base, come ho inteso dalle parole di Paolo, e come ho letto nella sua relazione,
a pagina 23. Ciò mi sembra molto grave, perché si sta violando una decisione dello scorso
congresso e si è disatteso un impegno assunto e che avrebbe dovuto diventare operativo nell’arco
di pochi mesi. Inoltre non è stata rispettata una richiesta approvata dalla stragrande maggioranza
dei colleghi. Significa, per caso, che le mozioni non hanno valore? Scusate l’inciso. Torno al tema:
centinaia di colleghi hanno firmato per avere l’Organismo di Base, hanno aderito con entusiasmo
alla possibilità di essere finalmente tutelati e considerati (cosa che non avviene attualmente) e
sono rimasti delusi. Perché, allora si vuole tornare indietro? Forse per gli sportelli freelance? Gli
sportelli freelance sono ormai sorpassati, hanno semplicemente una funzione consultiva, non
entrano nel merito, non agiscono e non difendono. Il primo sportello è nato nel 1994 in Lombardia.
Noi ci abbiamo lavorato, per questo ne conosciamo limiti e carenze e sappiamo che bisogna puntare
più in alto. Certo, di fronte alle parole di Paolo posso anche pensare a qualcosa di più ottimistico,
come che l’Organismo di Base debba entrare a tutto tondo nello statuto, che possa restituire dignità
a coloro che svolgono l’attività giornalistica a prescindere dal fatto che siano freelance o dipendenti,
che veramente il sindacato diventi tale per tutti, ma proprio tutti i giornalisti, ecc.

Ma qualcosa mi impedisce di crederci: il rischio che il denaro sia e rimanga la merce di scambio con
gli editori, a scapito di un contratto onesto e rispettoso di tutti. Vorrei davvero che il sindacato
rappresentasse tutti noi, senza distinzioni, e che lo statuto fosse lo specchio delle categoria e della
professione di oggi e della sua evoluzione nel domani.

 

 

[torna alla homepage]

[Stampa questa pagina]