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XXV Congresso Nazionale della Stampa Italiana

 

INTERVENTO DI Giorgia Cardini

 

Ieri Paolo Serventi Longhi ha accennato, nella sua relazione, alla necessità di fare pulizia
al nostro interno, per difendere meglio la libertà di stampa. Queste le parole usate dal
nostro segretario. Io direi di più: direi che è necessario fare pulizia al nostro interno per
riaffermare che questo mestiere ha bisogno di essere rilanciato, di ritrovare una dignità e
un’importanza centrali nel sistema democratico, ma svendute dal pressappochismo, dalla
fretta, dalla disonestà intellettuale e dall’impreparazione di giornalisti ed editori.

Ma questa svendita non riguarda soltanto ciò che tutti i giorni va sui giornali, passa in radio
e tv, finisce su Internet. Riguarda anche il sindacato, dal suo vertice alle strutture di base,
le Associazioni regionali di stampa e i Cdr: le norme contrattuali violate, le regole
democratiche calpestate, la mancanza di ricambio generazionali, l’esclusione di chi critica
dirigenze spesso inadeguate alle sfide che abbiamo di fronte.

In 10 anni è cambiato il mondo più che in 100 e un’analoga rapida e profonda trasformazione
ha subito un mondo più piccolo, quello dell’informazione.

I colleghi nelle redazioni hanno faticato e faticano a tenere il passo di innovazioni tecnologiche
continue, organizzative e professionali cui non siamo stati abituati. Eravamo su un piedistallo,
ora siamo rimasti su un piede, e spesso perdiamo l’equilibrio.

Solo un sindacato che accolga al proprio interno forze giovani, attive, persone che tutti i giorni
vivono sulle propria pelle questi cambiamenti può portare la nave del giornalismo italiano fuori
da una secca vasta ormai quanto un Oceano.

Senza Bavaglio ha proposto in questi anni, più volte, che in cima alle priorità fosse posta la
riforma dello Statuto della Fnsi, per rifondare il sindacato trasformandolo in un’organizzazione
moderna ed inclusiva. Una riforma profonda, in grado di favorire un ricambio che dia maggiore
forza alle nostre rivendicazioni.

Un sindacato che pone un secco limite ai mandati;

che impone il divieto di cumulo delle cariche;

che prevede l’ineleggibilità di chi abbia subito condanne penali e che ne ordini l’espulsione dal
sindacato e la radiazione dall’Ordine;

uno statuto che detta precise regole elettorali uguali per ogni assostampa;

che riequilibria fortemente la rappresentanza garantendo molti più posti in consiglio nazionale
e in giunta esecutiva a chi ora sta fuori dalle redazioni, i freelance di cui tutti si riempiono la
bocca senza per altro aver fatto nulla, neppure l’organismo di base, in questi tre anni;

e uno statuto che vieta a chi sta nei Cdr di accettare promozioni, superminimi e altri prebende
mentre è in carica.

 

Ebbene, credo che solo questo possa essere un sindacato che con la necessaria autorevolezza
può porsi di fronte ad editori spesso inadeguati, per rivendicare quella dignità e quel rispetto
per il sistema dell’informazione che è centrale in qualunque sistema democratico.

 

Serve insomma coraggio, un sindacato che abbia la voglia di rimettersi in discussione, anche
con quello strumento straordinariamente democratico che è il referendum sul contratto di lavoro,
prima che esso sia firmato.

 

Questo è un sindacato che include, che rende partecipe quelle migliaia di colleghi che ora lo
percepiscono come inutile perché non hanno mai trovato nei Cdr e nelle Ars quei fidati interlocutori,
per i loro problemi, che avrebbero dovuto trovare.

 

Ma per avere questo coraggio, bisogna dire basta alle visioni familistiche e amicali nella ripartizione
dei posti di vertice nella Fnsi che qui, a questo congresso, ci propongono la seguente prospettiva:
se Franco Siddi da presidente debba diventare segretario, se Paolo Serventi Longhi da segretario
possa ambire ad essere il nuovo presidente dell’Inpgi, se Gabriele Cescutti da presidente dell’Inpgi
possa tornare di nuovo alla Fnsi.

Questa non è ottimizzazione delle risorse umane, come ieri sera un autorevole collega mi ha detto,
questa è mancanza di prospettiva alta. Questo è mercato delle poltrone.

 

Guardiamoci intorno: in questo congresso, c’è ancora troppa gente che il lavoro, oggi, sa cos’è solo
per sentito dire; che non ha mai videoimpaginato, che non sa cosa siano i ritmi di lavoro, che si ricorda
una professione in cui neppure si dovevano fare i titoli.

E’ vero, come ha detto ieri un collega, che i sindacalisti non hanno la data di scadenza come i vasetti
di yogurt: ma qui signori, dobbiamo parlare di futuro, di giornalisti che domani dovranno fare un intervista,
un servizio con registratore, macchina fotografica e magari anche telecamera per pubblicarla poi su un
giornale, sul sito Internet collegato passarla pure in radio. Qui dobbiamo parlare di futuro, non lasciarcelo
dietro alle spalle!

 

Rivolgo dunque un appello a questa dirigenza uscente, perché uno statuto nuovo ancora non c’è e non
sappiamo se mai ci sarà: fate un passo indietro. Lasciate che tanti colleghi, che qui hanno parlato ieri
e oggi, costruiscano il futuro della professione e del sindacato.

Dateci un motivo per credere che, possiamo scrivere di un potere che mira solo alla conservazione di se
stesso senza pensare che quel potere siamo noi!

 

 

 

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