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MOBBING/Avvocati cercasi



Il mobbing sui luoghi di lavoro, giornali compresi, non è nuovo. Nuova è
l'intensità con la quale il fenomeno si manifesta. Agli episodi puntuali,
limitati alla sfera delle ordinarie bassezze umane, si sono aggiunte forme
di mobbing "strategico", che prendono di mira non individui specifici per
ragioni personali (invidie, antipatie, eccetera) ma sistematicamente
chiunque venga considerato dalle aziende "in eccesso" oppure "poco
accomodante".

In un caso lo scopo è il taglio di spese - si spingono giornalisti a
cercarsi un posto altrove per sfuggire ad angherie e umiliazioni -,
nell'altro lo scopo è politico - cacciare chi da fastidio, chi ha la schiena
troppo diritta. In questo secondo caso l'obiettivo è talvolta perseguito dai
giornali accettando un aumento dei costi: ad esempio, per mettere in
difficoltà chi copre un certo settore, si assume un altro specialista dello
stesso settore, o magari anche due per far buon peso.

Nelle redazioni oggi c'è paura, una paura che spinge talvolta a rendersi
indegnamente complici di mobbing nei confronti di colleghi.

La situazione è ben ritratta in una inchiesta svolta nel 2003 dall'Ufficio
per la libertà dei media, organismo dell'Organizzazione per la sicurezza e
cooperazione in Europa (OSCE). Il rapporto, "Impatto della concentrazione
dei media sul giornalismo professionale", in Italia non ha ottenuto alcun
risalto.

Lo studio prende le mosse da un sondaggio svolto su Internet, con garanzie
di anonimato, fra i giornalisti di otto Paesi - quattro democrazie mature -
Germania, Finlandia, Gran Bretagna, Italia - e quattro nazioni ex
comuniste - Ungheria, Polonia, Romania, Lituania.

Ne emerge un panorama generale preoccupante, e in questo panorama spicca il
caso italiano. "La democrazia italiana - si legge nel rapporto - sta vivendo
un'esperienza che nessun'altra democrazia occidentale ha mai dovuto
affrontare... In gioco non sono solo libertà e pluralismo dei media, ma la
democrazia stessa".

In Italia - sorpresa! - gli autori dell'inchiesta non sono neppure riusciti
a svolgere il sondaggio. Dopo avere ottenuto pochissime risposte su
Internet, hanno cercato di mettere insieme un campione significativo di
giornalisti rivolgendosi a loro direttamente, e di nuovo "c'è stata
esitazione a rispondere in altro modo che faccia a faccia, per paura che le
conversazioni telefoniche o gli scambi su internet potessero essere
intercettati, dai datori di lavoro o da organismi dello Stato".
A quanto si può capire solo rari colleghi hanno accettato un incontro, in
angoli bui e con il bavero rialzato. Benvenuti in Nord Corea!

L'appello alla vigilanza, rivolto al sindacato nazionale e ai Cdr è scontato
e implicito. Ci sembra però - considerata la latitanza di FNSI e Cdr - che
agli appelli vadano aggiunte proposte più concrete.

Ci sono le leggi dello Stato, c'è il ricorso agli avvocati e alla
magistratura, un passo non facile, psicologicamente ed economicamente, per
chi è mobbizzato.

Assistenza è offerta sia dallo Osservatorio Mobbing della Casagit sia dagli
uffici legali delle Associazioni. La nostra proposta è di fornire
un'assistenza più strutturata, più facile e soprattutto più efficace a chi
sia vittima di mobbing o genericamente di dequalificazione professionale.

L'idea è di identificare un piccolo numero di studi legali davvero
indipendenti, con esperienza di azioni nel campo giornalistico e con una
storia di successi, e di proporre a questi studi una convenzione, così che i
giornalisti possano ottenere patrocinio giuridico senza esborso iniziale, o
con un esborso modesto, pagando agli avvocati una percentuale fissa dei
risarcimenti ottenuti al buon esito della causa oppure patteggiati.

Senza Bavaglio

Levico Terme, Valsugana, 10 aprile 2005

RAPPORTO OSCE SULLA STAMPA EUROPEA

http://www.osce.org/documents/rfm/2003/12/1715_en.pdf

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