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Il caro avvocato colpisce il licenziato

 


Avvertenza: I personaggi e i fatti riportati nelle pagine del "Diario di Piero" sono immaginari ma autentica è la realtà che li produce.

Milano, 20 novembre 2006 – Il collega e amico Paolo Maria Brighella,
35 anni, sposato e padre di due figli, è stato licenziato in tronco e
senza preavviso da una casa editrice di Milano. Una mattina,
direttore ed editore, lo hanno convocato e, senza troppo giri di
parole, gli hanno prima consegnato una bella lettera di licenziamento
e poi bruscamente intimato di lasciare l'ufficio. Nel giro di qualche
ora la stessa sorte è toccata ad altri colleghi della redazione.

I giornalisti sono stati accusati di non avere chiuso il numero del
mensile nei tempi stabiliti. Ma è stato proprio il direttore, per
ordine dell'editore, a rallentare tutto, a non definire i contenuti,
a non approvare il materiale già pronto. Insomma, è stata trovata una
banale e squallida scusa per liberarsi di colpo di quattro
giornalisti. Non prendevano lo stipendio da mesi, pur non avendo
l'azienda apparentemente problemi di liquidità.

Brighella si è subito rivolto al Sindacato dove è stato accolto a
braccia aperte, anche se un po' prevenuto per il ricordo di una
strana frase. Una volta un sindacalista, alla vigilia delle elezioni
per il rinnovo dell'organismo, gli aveva elegantemente detto: «Un
giornalista come te che non ha problemi, non ci serve a un cazzo».
Cosa voleva dire? Ma adesso i problemi sono arrivati e anche grossi.

È stato ricevuto da un sindacalista e da un legale. Ha così scoperto
che per fare valere i propri diritti avrebbe dovuto incontrare di
nuovo l'avvocato, ma nel suo studio personale e sborsare almeno 1.000
euro per avviare un'eventuale azione legale nei confronti
dell'azienda. Il problema è che Paolo è, praticamente, alla canna del
gas, non dispone di liquidità.

Ha trascorso gli ultimi due mesi a contattare colleghi e altri
sindacalisti, per ricevere un aiuto, anche un semplice consiglio,
allo scopo di fare valere i suoi diritti calpestati. Alla fine, si è
rivolto alla Cgil di Milano. È andata bene, all'inizio. In questo
caso i legali hanno proposto di attivarsi senza chiedere un euro.
Soltanto in caso di esito positivo, dell'eventuale azione legale
intrapresa, Brighella avrebbe dovuto versare loro una minima
percentuale.

A Paolo, però, non è stato spiegato bene cosa sarebbe successo in
caso di esito negativo (perdita della causa), o meglio sono state
date diverse versioni, tra queste la più temibile: il pagamento di
tutte le spese a suo carico.
Gli è stato fatto notare che, comunque, in simili situazioni si vince
sempre al 99,99%, ma nell'incertezza (seppur minima) il mio amico ha
preferito rinunciare per non rischiare oltre al danno la terza beffa.
Per fortuna, grazie a diversi contatti personali, da qualche giorno
ha iniziato a collaborare con un mensile. È un lavoro molto modesto
ma come dicono i milanesi "piuttosto che niente, meglio piuttosto".

I giornalisti che hanno saputo della vicenda Brighella si stanno
seriamente chiedendo, a cosa serve allora continuare ad essere
iscritti al Sindacato. È stato detto che non dispone di adeguate
risorse per garantire agli iscritti il patrocinio legale gratuito, ma
questo è un servizio davvero fondamentale, soprattutto in queste
fantastiche stagioni di far west editoriale. Ecco perché occorre
trovare una soluzione per rimediare ma presto, molto presto.

È tutto per oggi

Danilo Lenzo

 

 

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