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Mamme premiate? Sė ma non le giornaliste

 


Avvertenza: I personaggi e i fatti riportati nelle pagine del "Diario di Piero" sono immaginari ma autentica è la realtà che li produce.

Milano, 5 aprile - Ieri, a una conferenza stampa, ho incontrato Lea, una
vecchia compagna del corso di preparazione all'esame di Stato di giornalismo
che scrive per un noto femminile. Non la vedevo da anni. Mi ha raccontato di
avere avuto un bambino e di essere rientrata dalla maternità da pochi mesi.
Purtroppo, mi ha spiegato, la sua situazione professionale, nell'arco di un
anno, si è "ribaltata".

Da punto di riferimento per i "capi" della redazione, si ritrova adesso
quasi isolata e privata di alcune delle responsabilità conquistate negli
anni (che alla sua assenza sono stati ripartite fra gli altri colleghi della
redazione).

"Non c'è che dire: è dura la vita della neomamma che lavora", si è sfogata
con un riso amaro. "Ma è ancora più dura se fai la giornalista. Perché il
lato grottesco di questa situazione è che passiamo il tempo a scrivere
articoli su articoli sui problemi che sono costrette ad affrontare le mamme
che lavorano e che rivendicano il diritto di trattamenti e condizioni
lavorative migliori. E poi ti ritrovi tu stessa emarginata, a essere
guardata (e trattata) con distacco perché adesso hai un bambino e meno tempo
a disposizione per dedicarti anima e corpo al lavoro".

"Risultato: vivi ai margini della tua professione. Perché non sei più
disponibile 24 ore su 24, perché non puoi più fare tardi la sera, perché
magari un giorno devi assentarti se tuo figlio sta male. Insomma: su di te
non si può più contare. Figuriamoci aspirare a un salto di carriera o ad
acquisire maggiori responsabilità.

L'avanzamento è riservato soltanto alle giornaliste single e workaholic
(dipendenti cronici dal lavoro), o che comunque non hanno legami o impegni
di altro genere. Lo so, è una situazione comune a tante, tantissime mamme
italiane. Ma non è inquietante scoprire che succede anche nella redazione di
una rivista femminile, cioè dove si lavora per far sì che tutto questo
sistema cambi?".

Non ho avuto modo di replicare allo sfogo di Lea, una persona solitamente
solare che adesso appare un po' offuscata. Nel salutarla mi sono ricordato
di aver letto una volta un suo articolo sul tema del lavoro, intitolato
qualcosa tipo "Le aziende italiane che premiano le mamme". Mi aveva colpito
molto il fatto che nel mondo dell'editoria non ve ne fosse neanche una.
È tutto per oggi



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