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3/07/05



PENSIONI/Ecco la riforma dimagrante



Nella sua ultima seduta, prima delle ferie estive, il Consiglio generale
dell'Inpgi ha approvato lo schema di riforma delle pensioni, licenziato
all'unanimità il giorno prima dal consiglio d'amministrazione dell'Istituto.
Prima di passare all'analisi del testo, credo sia utile fare alcune
considerazioni.

Il Consiglio generale questa volta non è stato particolarmente affollato,
tant'è che è stata necessaria la conta per appurare se ci fosse o meno il
numero legale. Non sono state affollate neppure le presentazioni del
progetto di riforma fatte con molta buona volontà dal vertice
dell'Istituto - presidente Gabriele Cescutti e direttore generale Arsenio
Tortora - nelle principali città italiane.

Quando c'è stata la presentazione al Circolo della Stampa di Milano eravamo
i soliti noti. In particolare, è sempre brillata l'assenza di giovani. Tutto
ciò indica una non eccessiva attenzione al tema, che non solo è un tema
importante perché interessa di fatto tutti i colleghi, in quanto prima o poi
tutti avremo a che fare con la pensione, ma è anche il motivo per cui esiste
la stessa Inpgi. La scarsità di attenzione non possiamo però addebitarla ad
altri che a noi stessi, e in definitiva si traduce in scarsità di serietà da
parte dell'intera categoria e in un ulteriore scollamento tra giovani e non
più giovani. Sarà bene riflettere. E proporre dei rimedi. Altrimenti è
inevitabile l'impressione, se non la conclusione, che siamo una categoria
professionale che si affida troppo o alla interessata benevolenza dei
politici o al "particulare" delle singole carriere.

Tutto l'impianto della riforma è stato fatto sulla base dello studio
presentato dal professor Fulvio Gismondi, il quale ha anche visionato la
riforma stessa e concluso che essa consente di assicurare "il ripristino
degli equilibri di lungo periodo del Fondo ed il raggiungimento della sua
autosufficienza finanziaria". Come spero ricordiate tutti - perché si tratta
dell'interesse di tutti - Gismondi aveva avvertito che attorno al 2017
sarebbe iniziato con molta probabilità un periodo di bilancio difficile. In
un precedente Consiglio generale ho chiesto che non ci si affidi a un unico
studio di un unico specialista, perché nella disgraziata ipotesi che i suoi
calcoli siano inesatti per l'Inpgi potrebbe essere il bacio della morte. E'
come far fare una diagnosi importante da un unico medico: meglio almeno
due... Mentre motivavo la mia richiesta, il presidente, il vicepresidente e
il direttore generale ne prendevano nota scritta con l'espressione di chi
pensa "buona idea, da tenerne conto". Speriamo bene.


Al momento della votazione ci sono stati solo 5 o 6 astenuti, tutti - se non
mi sono distratto - del gruppo milanese di Ingpi.Sicambia. Io mi sono
astenuto perché non ho visto nel testo di riforma neppure un cenno a due
argomenti che ho sollevato da tempo. Il primo è l'iniquità del pagamento da
parte dell'Inpgi di TUTTO il peso degli ammortizzatori sociali per
prepensionamenti, cassa integrazione e ricostruzioni di carriere, centinaia
e centinaia di miliardi di lire che dovrebbero essere erogati dallo Stato
proprio perché si tratta di ammortizzatori sociali e non certo privati. Il
secondo è l'iniquità del pagamento, sempre da parte dell'Inpgi, di TUTTI i
contributi pensionistici per ogni giornalista che viene eletto nel
parlamento, nelle giunte regionali, ecc, per di più in ragione di due anni
di contributi pagati per ogni anno passato come parlamentare o equivalente.

Desidero far notare che i parlamentari hanno, comunque, la pensione da
parlamentare, che è una BELLA pensione. E' vero che la legge è legge, ma è
anche vero che la decenza è la decenza. Trovo indecente che non rinuncino a
mungere l'Inpgi i vari parlamentari tipo Veltroni, Bonaiuti, Gasparri, tanto
per citare un nome di sinistra, di centro e di destra e non far quindi torto
a nessuno...


Cescutti in consiglio generale mi ha spiegato che non è molto corretto né
produttivo inserire in un testo di riforma pensionistica critiche a leggi
dello Stato. Forse ha ragione lui. Ma io ho chiesto da tempo che venissero
almeno rese note le cifre che quelle due leggi ci costano, in modo da avere
idea delle dimensioni del salasso, della faccia di bronzo dei
Veltroni-Bonaiuti-Gasparri e stimolare così qualche nostra idea per
cominciare a chiedere si cambino leggi così inique. E siccome le mie
richieste sono state tenute in conto zero, al momento delle votazione mi
sono astenuto.

Votare contro sarebbe stata pura retorica, anzi demagogia. L'attuale calcolo
delle pensioni infatti non regge, alla lunga crea disastri, e quindi una
riforma andava fatta. Quella votata non è forse l'ideale, ma non è iniqua,
non manca di solidarismo e tutto sommato è realista. Il problema è cosa
riserva il futuro all'intera nostra categoria professionale e all'Italia
intera, che come è noto se la passa sempre meno bene.


Tutto ciò premesso, le conseguenze più importanti dello schema di riforma,
che per diventare operativo ha bisogno di approvazione delle parti sociali
(Fieg e Fnsi) e degli organi ministeriali vigilanti, sono le seguenti:
- le future quote di pensione saranno calcolate in base ai contributi di
tutta la vita lavorativa;
- sale l'età anagrafica per il diritto alla pensione di anzianità. Però sarà
possibile andare in quiescenza anche a 57 anni, con diminuizioni percentuali
permanenti per ogni anno di anticipo.
- per tutti i futuri iscritti il diritto di accesso all'indennità di
disoccupazione dopo che sia stato maturato un biennio di iscrizione;
- il periodo di disoccupazione indennizzabile rapportato alle sole giornate
contrattualizzate;
- l'introduzione di un termine per la richiesta dei ratei di disoccupazione.

Più in dettaglio, secondo quanto illustrato dall'apposito comunicato
dell'Inpgi:

1)  CRITERI DEL CALCOLO DELLA PENSIONE - A partire dal 1° settembre 2005 le
quote di pensione riferite ai periodi di lavoro futuri saranno calcolate in
base alla contribuzione maturata in tutta la vita lavorativa, e non più nei
periodi più favorevoli. Da quella data in avanti sarà dunque applicato a
tutti gli iscritti il calcolo che è già oggi utilizzato per i giornalisti
più giovani (sono il 40% del totale) entrati a far parte dell'Inpgi dopo il
luglio 1998. Resteranno in vigore, per tutti, le migliori aliquote di
rendimento, le quali - a parità di contribuzione versata - consentono di
maturare all'Inpgi, in 30 anni, lo stesso livello pensionistico che all'Inps
si ottiene in 40 anni.

2)  PENSIONE DI ANZIANITA' - La riforma recepisce l'aumento dell'età
anagrafica prevista dalle norme generali per ottenere, con almeno 35 anni di
contributi, la pensione di anzianità. Il Cda dell'Inpgi e il Consiglio
generale hanno tuttavia deciso, rispetto alle norme Inps, il seguente
innalzamento più graduale: 59 anni nel 2008 e 2009; 60 anni dal 2010 a tutto
il 2012; 61 nel 2013; 62 anni nel 2014. E' prevista, inoltre, una importante
eccezione, che consentirà a chi lo desideri di continuare a ottenere la
pensione di anzianità a 57 anni. In tal caso, tuttavia, l'ammontare della
pensione sarà diminuito stabilmente di una percentuale, in relazione agli
anni di anticipazione rispetto agli anni mancanti alle età indicate nel
capoverso precedente. Gli abbattimenti saranno i seguenti: 4,76% per un
anno; 9,09% per due anni; 13,04% per tre; 16,67% per quattro; 20% per cinque
anni.


3)  PREPENSIONAMENTI DERIVANTI DA STATI DI CRISI AZIENDALE - In questi casi,
in base alla legge 416/81, un giornalista può percepire la pensione di
vecchiaia anziché a 65 anni a 58 anni e seguenti, con un accredito di
contributi figurativi che può arrivare al massimo a 5 annualità. Quest'onere
ha un costo per l'Inpgi (oltre 13 milioni nel 2004), in quanto
all'anticipazione della pensione prevista dalla legge 416/81 non corrisponde
alcuna aliquota contributiva specifica. La riforma prevede che, nel caso
dei prepensionamenti, per ogni anno di contribuzione figurativa
eventualmente accreditata (il massimo previsto dalla legge è 5 anni) sia
eseguito un abbattimento permanente della pensione dello 0,5 per cento (il
massimo della diminuzione stabile sarà dunque del 2,5 per cento).


4)  TRATTAMENTO DI DISOCCUPAZIONE - Sono confermati i trattamenti che
all'Inpgi sono di gran lunga superiori rispetto all'Inps. Sono state
introdotte, inoltre, più favorevoli misure di sostegno per i dipendenti di
aziende in crisi, fallite o in liquidazione, che perdano il lavoro in età
variante tra i 40 e i 55 anni. In questi casi sarà accordato un accredito
aggiuntivo di contributi figurativi variabile tra i 6 e i 12 mesi. La
riforma prevede inoltre: a) per tutti i futuri iscritti il diritto di
accesso all'indennità di disoccupazione dopo che sia stato maturato un
biennio di iscrizione; b) il periodo di disoccupazione indennizzabile
rapportato alle sole giornate contrattualizzate; c) l'introduzione di un
termine per la richiesta dei ratei di disoccupazione.

5)  COSTO DEL RISCATTO - Attualmente i contributi versati presso altri Enti
possono essere riscattati all'Inpgi con un onere pari al 20% della riserva
matematica, qualora sia accertata la natura giornalistica del rapporto di
lavoro. La riforma ha previsto che lo sconto per il futuro sia meno ampio, e
cioè pari al 50 per cento; alle stesse condizioni, cioè, previste per il
ricongiungimento in base alla legge n. 29 del 1979.

Pino Nicotri


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