INPGI 2/Il nocciolo della questione
Nei giorni scorsi il presidente dell'INPGI, Gabriele Cescutti, ha annunciato
con una certa soddisfazione la riduzione delle sanzioni per il ritardato
pagamento dei contributi all'INPGI 2.
Ebbene, quindi, quando la dirigenza INPGI vuole, la dirigenza INPGI ottiene!
Certo, l'impegno e il lavoro è sicuramente notevole, quindi tanto di
cappello. Ma ancora una volta vorremmo far notare che le priorità per chi
deve pagare l'oneroso contributo previdenziale obbligatorio all'INPGI 2 sono
ben altre. Attenzione, sappiamo bene che quella sull'INPGI 2 è una legge
dello Stato e che quindi va rispettata ma sappiamo anche che si può (o si
deve) lottare perché lo Stato modifichi le leggi inique o comunque ingiuste.
La dirigenza dell'INPGI l'ha capito? Noi speriamo di sì, anche se non ci
facciamo troppe illusioni giacché, nel corso di questi anni, la legge sulla
Gestione Separata dell'INPGI è stata sempre difesa acriticamente dai nostri
sindacalisti trasformatisi in amministratori.
Ci rendiamo conto - e ve ne siamo grati - che diminuire le sanzioni agevola
chi comunque sbaglia: le multe, di solito, puniscono ritardi e quant'altro.
Magari sarebbe stato meglio togliere alcune sanzioni capziose e lasciare
invariate quelle giuste. Prossimo passo, probabilmente, sarà un'altra
sanatoria. Giusto. Lo sanno anche i sassi che molta gente è terrorizzata ad
iscriversi oggi alla Gestione Separata, perché di sicuro l'INPGI, come un
falco, andrà a controllare il pregresso. Quindi sanarlo, sarà, quasi
sicuramente, un vantaggio economico per l'INPGI.
Ma per quei poveretti che dal primo giorno pagano regolarmente fino all'ultimo
centesimo? Manco un'anzianità d'iscrizione o diritti diversi da chi "ha
sanato o sanerà"? Solo grandi oneri, nessun vantaggio e una misera pensione
al momento in cui si arriverà ad averla. Già, perché basta far fare due
conti ad un esperto per sapere, senza ombra di dubbio, che questo contributo
del 10 più 2 per cento porterà ad una pensione che si potrà più
correttamente chiamare "contributo per il pane quotidiano" (pane nel vero
senso del panino).
E allora qui ribadiamo per l'ennesima volta ciò che serve davvero ai
giornalisti liberi professionisti o freelance che dir si voglia:
a) Ripristino della suddivisione contributiva prevista dalla legge per l'Inps
( 2/3 a carico dei committenti e 1/3 a carico del lavoratore).
b) Obbligo del versamento dei contributi direttamente dal Committente all'INPGI.
c) Adeguamento della percentuale contributiva ai parametri INPS, al fine di
garantire una pensione dignitosa.
Lo sappiamo che un'altra delle novità è stata quella che gli editori
pagheranno il loro 2 per cento sul reddito lordo direttamente all'Istituto.
Non basta. Anzi, a dirla proprio tutta, questa innovazione si potrebbe anche
interpretare come: "Ecco finalmente il modo per controllare che nessuno
scappi al contributo". Già, perché gli editori, zelantissimi, pur di ridurre
i danni, di sicuro pagheranno quel misero due per cento anche sugli
eventuali redditi non soggetti al contributo. L'importante, appunto, è per
loro non arrivare mai a pagare quanto pagano tutti quei committenti che
versano all'INPS. Anzi, qualcuno si inventerà pure che è più conveniente
trattenerlo ai giornalisti, riducendone così ulteriormente i già miseri
guadagni! E ancora una volta: chi se ne frega dei freelance.
L'INPGI decise anni fa (autonomamente, ma con l'immancabile parere positivo
dei Ministeri competenti) che il contributo si sarebbe dovuto pagare anche sulle prestazioni
occasionali.
Recentemente ci "vende" come grande conquista che i compensi annuali al di
sotto dei millecinquecento euro sono esenti, peccato che la novità nasca
invece dalla famigerata Legge Biagi (che comunque parla di cinquemila euro).
E poi c'è l'eterna querelle se la cessione del Diritto d'Autore sia o non
sia soggetta al Contributo previdenziale: la legge non lo dice ma l'INPGI,
con i soliti pareri positivi dei soliti Ministeri, lo esige dal 2001.
Al di là di tutto, lo ribadiamo. Il contributo, perché non sia una "tassa
inutile" ma rappresenti davvero un buon investimento che porta ad una vera
pensione, deve arrivare ad essere superiore al 10 più 2 per cento ma,
ovviamente, con i due terzi a carico dei datori di lavoro. Lo abbiamo
chiesto la prima volta nel 1996, subito dopo la nascita della Gestione
Separata dell'INPGI, (allora i freelance di Senza Bavaglio si chiamavano
Penne Sciolte), lo abbiamo chiesto negli anni, in tutte le occasioni
pubbliche, abbiamo scritto infiniti documenti. E ora lo ribadiamo ancora con
più forza.
Per salvare i giornalisti freelance è oggi indispensabile che tutte le
nostre istituzioni lavorino assieme.
1 - La FNSI, con la lotta per il contratto e le tutele stabilite per il
lavoro autonomo; con un controllo serrato, per esempio, anche su tutti quei
quotidiani piccoli e grandi che, in tutta Italia, pagano i collaboratori
(che in realtà fanno un vero e proprio lavoro da art. 12) qualche euro
appena.
2 - L'Ordine, per un controllo attento sull'esercizio abusivo della
professione invasa ormai da stagisti che fanno il lavoro degli articoli uno
e da una pletora di stipendiati di altre professioni che scrivono a zero
euro per il piacere di avere la propria firma su un giornale, distruggendo
di fatto il mercato del lavoro autonomo.
3 - L'INPGI, perché ottenga dai Ministeri competenti o con un lavoro di
lobbing una modifica essenziale della legge: da un lato devono essere gli
editori a pagare la parte maggiore del contributo previdenziale, dall'altro
deve essere aumentato il contributo per arrivare ad una vera pensione.
Oggi i freelance non ne possono più di essere usati, sfruttati, presi in
giro. Sono pronti ad una lotta dura, ma dietro ci devono essere delle
Istituzioni forti.
Simona Fossati
26 marzo 2005