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06/07/05



DISOCCUPATI/Contro l'"inoccupazione" bloccare nuovi corsi di giornalismo



Siamo già a luglio, ma - complice forse la calura estiva - nessuno sembra
essersi accorto di quanto è successo il 16 del mese scorso. Quel giorno in
un convegno a Roma l'Associazione dei giornalisti della scuola di Perugia,
cioè dei colleghi sfornati dalla scuola perugina di giornalismo
radiotelevisivo che - riconosciuta dall'Ordine - annovera la Rai tra i soci
fondatori, ha lanciato la proposta che nelle assunzioni a termine previste
per i disoccupati dal contratto nazionale di lavoro, sia data la precedenza
agli "inoccupati": vale a dire, a chi proviene dai corsi riconosciuti
giustappunto dall'Ordine dei giornalisti.

Gli estensori della proposta, però, si dimenticano dei diritti acquisiti dai
colleghi spinti fuori dalle redazioni dalle crisi delle varie testate e
rimasti senza lavoro, colleghi che da anni attendono un'occasione per
rientrare nel ciclo produttivo. In buona sostanza, i perugini chiedono si
formalizzi l'esistenza di disoccupati di serie A e di serie B, ovviamente
mettendo se stessi in serie A per sgomitare dalle ultime file per "saltare
la coda".

A parte lo scarsissimo senso di solidarietà nei confronti di molti colleghi,
le richieste dei perugini sono inaccettabili perché le precedenze nel
rientro al lavoro sono dettate solo dai criteri di anzianità d'iscrizione
negli elenchi dei disoccupati.

La calura estiva favorisce lo scarso interesse sia verso la riforma delle
pensioni giornalistiche che verso la riforma dell'accesso alla professione,
riforma quest'ultima varata dall'Ordine senza neppure essere preceduta o
accompagnata da modifiche della legge professionale.

Come se non bastasse, l'Ordine ha avviato il riconoscimento di corsi di
giornalismo con praticantato e stage inclusi senza tenere minimamente conto
delle reali capacità d'assorbimento del mercato. A questo punto, è
senz'altro il caso di chiarire se è vero che a volte in certe regioni le
università si vedono riconoscere più facilmente - dal rispettivo Ordine
della nostra categoria - i loro nuovi corsi di giornalismo se affidano una
qualche materia d'insegnamento a membri del direttivo regionale dell'Ordine
stesso.

Come è facile intuire, qui il confine tra il lecito e l'illecito è piuttosto
labile, e non vorremmo che in un qualche "do ut des" di questo tipo
affondasse la credibilità di alcuni Ordini regionali. Poniamo quindi
esplicitamente alcune domande, per le quali esigiamo risposte precise.
Quante materie di corsi di laurea sono attualmente gestite da membri dei
consigli direttivi degli Ordini regionali dei giornalisti? Ovvero: quanti
sono oggi i consiglieri di direttivi regionali che hanno incarichi di
insegnamento universitario di materie giornalistiche? Si sussurra che ci
sono consiglieri che di questo tipo di insegnamento fanno collezione,
riuscendo a metterne assieme anche tre o quattro. E' vero o, come speriamo,
non è vero? E se è vero, come mai ciò accade?

La riforma dell'accesso alla professione sarà anche una bella idea, vista
l'ambizione di portare tale accesso al livello di una specifica laurea
universitaria, ma non può essere varata lavandosene le mani del
riassorbimento dei disoccupati.

Come ormai sappiamo bene, gli stagisti nelle redazioni - e non solo coloro
che provengono dai corsi riconosciuti dall'Ordine - incidono negativamente
soprattutto sui contratti a termine. Le richieste degli ex allievi di
Perugia dimostrano che nuovi professionisti sono immessi senza un contratto
di lavoro in un mercato già saturo.
Il Coordinamento nazionale disoccupati ha già chiesto all'Ordine che venga
interrotto immediatamente il riconoscimento di nuove scuole e corsi
universitari di giornalismo con praticantato e stage inclusi.

Il Coordinamento ha pure chiesto che, fatti salvi i corsi attualmente in
svolgimento, gli istituti che già hanno ottenuto il riconoscimento non diano
inizio a nuovi corsi fin quando non si giunga a una modifica della legge
professionale che, tutt'oggi vigente, non prevede stage, bensì il solo
praticantato in una redazione reale - non in una redazione virtuale creata
dalla scuola - come unica forma d'apprendistato giornalistico.

Senza Bavaglio ha sempre ritenute eccessive, e forse non realistiche, tali
richieste. Ma ora, a fronte del dilagare del "particulare" sulla pelle dei
disoccupati, si vede costretta a farle proprie. Pertanto, Senza Bavaglio fa
propria anche la richiesta fatta alla Fnsi dal Coordinamento nazionale
giornalisti disoccupati di ritirare dalla piattaforma rivendicativa per il
rinnovo del Ccnlg la "precisa normativa, anche d'intesa con l'Ordine
professionale, che preveda, tra l'altro

a) vincolo di utilizzo dei soli stagisti provenienti dalle scuole
riconosciute dall'Ordine.", come si legge nel documento inviato dal
segretario generale Serventi Longhi al presidente della Fieg, Boris
Biancheri. La parola "stagista" neppure dovrebbe comparire in un contratto
di lavoro giornalistico serio, che non è neppure la sede più consona per
parlare delle scuole di giornalismo. Forse che il contratto degli ingegneri
dipendenti, per esempio, dell'Enel o della Fiat potrebbe mai occuparsi delle
facoltà universitarie di ingegneria?

b) l'obbligo da parte delle aziende - editoriali e non - pubbliche nella
sostanza anche se, talvolta, private nella forma (parliamo di Rai, Enel,
Trenitalia, Alitalia, Coni, fiere, consorzi, regioni, provincie, comuni
ecc.) di assumere i propri giornalisti solo tramite concorso.Ciò vale tanto
per le redazioni, nel caso della Rai, quanto per i propri uffici stampa, nel
caso degli altri enti. Un concorso dal quale dovrebbero essere esentati
solo sparuti casi (gli alti vertici) e che non dovrebbe recare alcuna
discriminazione a danno dei pubblicisti

Senza Bavaglio


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