21/03/06
Vince il buon senso: il Consiglio di Stato boccia l'obbligo della laurea per
i giornalisti (di Ivo Caizzi)
Questo articolo, pubblicato da Ivo Caizzi sul Corriere della Sera, spiega
come il Consiglio di Stato ha bocciato la bizzarra quanto illiberale
ipotesi di riservare la professione di giornalista solo ai laureati.
Il tentativo, avallato e sostenuto dall'Ordine dei Giornalisti della
Lombardia, di fatto avrebbe limitato la libertą di Stampa.
Senza Bavaglio si rallegra della bocciatura e si augura che vengano aboliti
sempre pił quei lacci e lacciuoli che impediscono l'esercizio di un
mestiere essenziale per la democrazia.
s.b.
Il Consiglio di Stato, massimo organo della giustizia amministrativa, ha
rigettato il tentativo del governo Berlusconi di imporre l'obbligo della
laurea per l'accesso alle professioni dell'informazione (e a quelle di
geometra, perito industriale o agrario, agrotecnico e consulente del
lavoro).
Ha infatti bocciato un provvedimento del ministro dell'Istruzione Letizia
Moratti di Forza Italia, avallato dal Guardasigilli Roberto Castelli della
Lega Nord, che di fatto limitava ulteriormente la libertà di stampa ed
escludeva dal lavoro di giornalista i cittadini italiani non in grado di
pagarsi un quinquennio di costosi studi.
Il Consiglio di Stato ha stabilito che, per i giornalisti, «il principio
della libertà di accesso alla professione impatta anche su altri diritti
costituzionalmente garantiti, come la libertà di informazione e la libertà
di manifestazione del pensiero con ogni mezzo di diffusione».
In sostanza ha imposto di cancellare l'obbligo di laurea, attribuibile
politicamente a Moratti e Castelli, ma in realtà elaborato dal
sottosegretario all'Istruzione, Maria Grazia Siliquini di An, esponente
dell'Ordine degli avvocati e di quella lobby trasversale impegnata in
Parlamento a difendere gli anacronistici privilegi delle corporazioni
professionali.
Offshore aveva rivelato nel gennaio scorso la manovra della Siliquini di
imporre la laurea obbligatoria nelle professioni dell'informazione,
appoggiata da una lobby orientata a creare un collegamento tra notabili
dell'Ordine dei giornalisti e di alcune università.
Ne era scaturito un acceso dibattito, che aveva evidenziato gli aspetti
discriminatori dell'iniziativa del governo di centrodestra e un contrasto
sostanziale con i principi della libertà di stampa. Ma i giudici del
Consiglio di Stato sono andati anche oltre. Hanno chiesto di ridurre la
presenza di esponenti degli Ordini nelle commissioni esaminatrici «al fine
di salvaguardare il principio di un maggiore distacco e oggettività nelle
procedure di accesso all'esercizio dell'attività professionale».
In più hanno criticato i tirocini aggiuntivi, aprendo la strada alla
cancellazione dei corsi a pagamento imposti a chi deve sostenere gli esami
dell'Ordine. Siliquini dovrà ora adeguare il suo testo, recependo il chiaro
segnale di liberalizzazione dell'accesso ai lavori dell'informazione.
Ivo Caizzi