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CONTRATTO/Ricetta per battere gli editori:
alleanza contrattualizzati-freelance


11/03/07


Quando la storia è incominciata non lo so. Certo i segnali c’erano già, ma nessuno ci badava,
nessuno ascoltava, nessuno voleva vedere o capire. Anche per i CDR (non tutti naturalmente),
è sempre stato molto più semplice imitare le famose tre scimmiette del “non vedo, non sento,
non parlo”.

E così siamo arrivati a oggi dove l’universo della libera professione è più simile ad un film di
fantascienza che a una realtà di lavoro.

Ogni giorno arrivano a Senza Bavaglio denunce di soprusi e di ricatti, ma nessuno dei colleghi
che subiscono ha il coraggio di uscire allo scoperto e di parlare. E’ naturale e comprensibile,
con l’andazzo che c’è sarebbero immediatamente messi al bando e non solo perderebbe la
collaborazione con quell’editore, ma anche con qualsiasi altro.

E’ incredibile: quanto è palesemente normale in un qualsiasi rapporto di lavoro
(cioè presentare le proposte e, se accettate, discuterne tempi e modalità di pagamento),
oggi per i colleghi impegnati fuori dalle redazioni è diventato un fatto assolutamente
eccezionale, un obbiettivo spesso irraggiungibile. Credetemi qualche anno fa relazioni
corrette nel nostro mondo erano la prassi normale.

Se solo si osa cercare di ottenere un compenso superiore a quello proposto, oppure,
dopo mesi di attesa, chiedere (naturalmente con cortesia) “Ma quando mi pagate?”.
In redazione scatta subitanea la parola d’ordine: “il collaboratore è da eliminare”.

C’è pure chi si è sentito rispondere: “O ti va di collaborare a queste cifre o fuori
dalla mia porta c’è una fila di c……. come te disposti a fare quello che fai tu”.

E quando qualche incauto, con spirito sindacale, si rivolge ai CDR, è morto. Nel migliore
dei casi gli viene risposto: “Non rientra nelle nostre competenze”. Nel peggiore perde
istantaneamente il lavoro e viene anche accusato di aver voluto pubblicizzare la cosa.

I compensi vengono spesso ridotti d’ufficio, anche in corso d’opera, i pezzi massacrati,
le interviste messe in bocca ad altri o eliminate (ça va sans dire, senza nemmeno
avvisare l’autore) e c’è persino chi si è trovato un proprio articolo firmato da un altro.

Resta il fatto che se ti chiedono cinque cartelle e poi, per motivi di variazione di spazio,
decidono di pubblicarne solo due, non c’è nemmeno da discuterne: ne pagheranno due,
figurarsi. Se poi il pezzo viene commissionato e approvato, quindi per motivi diversi non
pubblicato, difficile ottenerne comunque il pagamento.

L’ultimo sport applicato nelle redazioni è poi il furto delle idee. Già, ce ne eravamo
dimenticati, non si può mettere il copyright sulle idee. E allora, perché mai il nostro
referente contrattualizzato dovrebbe non farsi bello delle idee altrui e farle subito
realizzare in redazione? La correttezza professionale è roba d’altri tempi. L’etica poi,
sotto ai piedi.

Alcune volte ci viene pure il dubbio che in realtà gli editori non diano proprio nessun
input e non ne sappiano quasi nulla di questi comportamenti da kapò messi
quotidianamente in atto dai loro capiservizi o capiredattori che perlopiù applicano di
loro iniziativa anche una sorta di “risparmio coatto” che porta, per esempio, alla
riduzione dei compensi.

Siete voi colleghi contrattualizzati a dover ritornare come eravate, a cambiare
atteggiamento, a finirla di essere più realisti del re. Forse è il momento di mostrare
un po’ di coraggio e di spirito di salvaguardia della professione o della professionalità
altrimenti non ci resta che piangere o, come cominciano a fare già diversi colleghi, a
cambiare professione.

Quando qualche giorno fa ci sono arrivate le ultime due segnalazioni, abbiamo capito
che ormai non c’è più niente da fare. Perfino uno dei più importanti editori, uno dei
pochi che finora si era comportato bene, pagando il giusto e in tempi corretti, ha deciso
di cominciare a ridurre i compensi. Dal gennaio 2007 applica quindi le nuove tariffe,
naturalmente al ribasso. E il solito referente contrattualizzato nemmeno si perita di
protestare o almeno di segnalare che molti colleghi però hanno eseguito e consegnato
il lavoro nel 2006, quando ancora erano in vigore le vecchie tariffe.

A chi ha osato appena appena protestare è stata fatta intravedere, e neanche poi così
velatamente, la possibilità della chiusura di ogni successivo rapporto di lavoro.

La più incredibile però è questa. Un collega che collabora da tempo con un importante
quotidiano nazionale “osa” chiedere al suo referente se non sia possibile alzare i compensi,
ritenuti piuttosto bassi. La sua professionalità l’ha abbondantemente dimostrata, ora potrebbe
anche essere riconosciuta dal punto di vista monetario. Il referente, prontamente, risponde che
non ne sa nulla, non è competenza della redazione decidere i compensi.

Il collega insiste per sapere a chi si deve rivolgere per discutere la questione. Niente, manco si
lavorasse alla Cia. Il responsabile della decisione “valutazione compensi” è un fantasma, bisogna
arrangiarsi. Sperare in un aiuto da parte della redazione è fuori discussione. Ma il collega non si
dà per vinto, dopotutto i suoi pezzi sono molto apprezzati, perché mai non si può discutere con
qualche anima un aumento di qualche euro?

Così decide di scrivere una mail gentile e professionale all’ufficio amministrazione e, per
conoscenza, al direttore. Se avessimo scommesso avremmo vinto: nessuna risposta e il
collaboratore vede di colpo rifiutate tutte le sue proposte, non riesce più a collaborare.

Passano i mesi e, casualmente, un giorno al giornalista freelance capita di incontrare il suo referente
di un tempo, gli chiede spiegazioni e il contrattualizzato risponde che è stato sollevato di peso perché
aveva utilizzato un collaboratore che aveva osato mettere in discussione i compensi da fame.

Abbiamo raggiunto il fondo. E che a nessuno venga in mente di chiederci: portate le prove.
Basta che ognuno di voi faccia un piccolo esame di coscienza o si guardi attorno per sapere
che ciò che diciamo è solo pura verità.

E allora, cari colleghi contrattualizzati, quando gli editori attueranno la parte finale del loro
piano strategico - la vostra eliminazione - vi ritroverete, senza più garanzie, a far parte di
quel mercato autonomo che gli editori vogliono al loro servizio: devastato, ricattato, sottopagato.

Reagite, per favore, rendetevi conto: con il vostro atteggiamento di oggi penalizzate non solo
noi freelance, ma anche voi stessi e il vostro futuro.

Ma la speranza è l’ultima a morire. La speranza che voi, alziate finalmente la testa dal vostro
orticello, capiate ora, prima che sia troppo tardi, e troviate la forza e il coraggio di riscattarvi.

Simona Fossati

Rappresentante freelance commissione contratto FNSI

 



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