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XXV Congresso Nazionale della Stampa Italiana

 

INTERVENTO DI Lucia Zambelli

 

 

Ho i capelli bianchi, ma questa è la mia prima volta a un congresso Fnsi. Quindi, malgrado la non più tenera età, l’approccio è quello della neofita. E forse il mio intervento potrà essere considerato da molti un po’ naif.

In 25 anni ho attraversato questa professione in maniera forse anomala, ma facendo esperienza in molti tipi di media: carta stampata – testate piccole, medie e grandi – web, uffici stampa. Non vi preoccupate, non voglio infliggervi il racconto della mia storia professionale. Solo per dire che le tante esperienze che ho fatto mi mettono davanti agli occhi – come è lampante davanti agli occhi di tutti – il declino, il deterioramento, la dequalificazione, l’impoverimento di questa professione.

Sette anni fa, a Kataweb, ho seguito un corso di giornalismo televisivo. Il docente era un giornalista americano, che il primo giorno aveva tappezzato l’aula con cartelli con frasi più o meno a effetto. Uno di questi diceva: If your mother says I love you, check it out. Se tua madre dice ‘ti voglio bene’, verificalo. Chiaramente, un paradosso. Che però voleva dire che il giornalista deve sempre verificare qualsiasi notizia, anche la più ovvia e apparentemente inequivocabile. Una regola semplice, elementare, fondamentale di questa professione. Che però viene dimenticata e ignorata sempre più spesso. Solo un piccolo esempio. Un paio di settimane fa, a Firenze, Ansa, molti quotidiani e anche il Tg regionale, hanno dato la notizia che davanti al Michelangelo, il liceo classico più frequentato di Firenze, era comparso uno striscione con la stella delle Br. Non era vero niente. Lo striscione c’era, era della Rete dei collettivi degli studenti, chiamava alla manifestazione di Genova del 17 novembre. C’era la scritta ‘A Genova non per odio ma per dignità’. Accanto, due piccoli asterischi blu. Che una pattuglia dei carabinieri che passava lì davanti aveva scambiato per la stella Br. E tutti gli organi di informazione (tranne uno) avevano riportato la notizia che la stella c’era. Nessuno (tranne uno, appunto) che si fosse preso la briga di andare a verificare, e raccontare come erano andate davvero le cose.

Questo è solo un piccolo esempio. Potremmo star qui ore e ore a raccontarcene di simili, anche ben più gravi e clamorosi. Perché – ne siamo tutti consapevoli – il giornalismo che facciamo è un giornalismo di qualità sempre più scadente, un giornalismo sempre più ‘seduto’, in senso letterale e in senso figurato, fatto sempre di più di un bieco copia e incolla, un giornalismo non onesto, un giornalismo sempre più addomesticato, sempre più marchettaro, sempre più colluso. Un giornalismo che viene meno al suo primo dovere, che è quello di informare la gente, di raccontargli la verità, dirgli le cose come stanno, i fatti come accadono.

I motivi di questo decadimento sono tanti. Li conosciamo, sono stati ricordati più volte anche qui al congresso. Le condizioni di lavoro sempre più punitive e mortificanti cui ci costringono gli editori, la necessità di fare sempre più in fretta e quindi l’impossibilità di verificare, approfondire sempre tutte le notizie, il ricorso sempre più massiccio a precari e stagisti, e il loro sfruttamento selvaggio, gli intrecci sempre più inestricabili tra giornalismo e politica, giornalismo e industria, giornalismo e….

Tutto questo è stato detto, a più riprese e in più modi, qui a questo congresso. Invece secondo me in questa sala non si sono sentite abbastanza parole – e concetti – come passione, etica, deontologia professionale, coscienza civile, lealtà. Che poi sono i principi che dovrebbero ispirare e guidare la nostra professione e che invece latitano sempre di più. Vi confesso che sempre più spesso mi succede di sentirmi a disagio in questa professione, qualche volta – e lo dico davvero con il cuore stretto stretto – perfino di vergognarmi. Ecco, io vorrei ritrovare, e che tutti noi insieme ritrovassimo, prima che sia troppo tardi, tutto l’orgoglio di appartenere a questa categoria. E soprattutto vorrei che questo orgoglio lo facessimo ritrovare intatto a tutti i giovani che si avvicinano a questa professione, bella e difficile – se si vuole farla bene -, e che saranno i giornalisti di domani.

 

 

 

 

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